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Degustando un “San Martino della Battaglia”

Il San Martino della Battaglia è una Doc bresciana piccola, ma dalle notevoli potenzialità organolettiche. Il 2017 secco di Patrizia Cadore che abbiamo assaggiato, è una delle massime espressioni.

La zona di produzione

S. Martino della Battaglia è una piccola nicchia geopedologica e climatica al confine tra le colline moreniche e l’entroterra a sud del lago di Garda

Si tratta di una zona di grandissimo interesse per le famose vicende storiche che l’hanno segnata. Epica la battaglia di Solferino e San Martino combattuta il 24 giugno 1859 tra l’esercito austriaco da un lato e quello francese e piemontese dall’altro, in occasione della seconda guerra d’indipendenza italiana. La sconfitta dell’Austria viene ricordata come il primo concreto passo verso l’unità nazionale. Inoltre, a livello mondiale, è passata alla storia per aver ispirato in Henry Dunant l’idea della creazione della Croce Rossa Internazionale. Simbolo di quella battaglia, la famosa Torre Monumentale edificata nel 1880 per celebrare appunto l’impresa risorgimentale. Assieme al Museo del Risorgimento di San Martino e Solferino e all’Ossario di San Martino, è fonte di un grande flusso turistico.

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Detto dell’interesse storico, la zona vanta anche una forte attrattiva dal punto di vista enologico frutto di prodotti di qualità e caratteristici. L’unicità dei vini della zona (in prevalenza DOC LUGANA a base di uva Turbiana) è data in prevalenza dal territorio di produzione: l’area è particolarmente favorita dalle condizioni climatiche create dalla grande massa del bacino del Garda e dal conseguente microclima. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti della DOC San Martino della Battaglia sono ottimali grazie anche all’esposizione su terreni di natura prevalentemente calcareo argillosa, misti a buona parte di scheletro e similari. 

Il territorio, costituito da soli 50 ettari vitati suddivisi fra 7 produttori, è adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne; è ideale per la coltivazione dell’ex Tocai friulano, oggi chiamato dialettalmente Tuchì

Il nome Tuchì e le tipologie di vinificazione

In quest’area l’ex Tocai friulano, oggi chiamato Tuchì, ha trovato il suo ambiente ideale, tanto da essere sopravvissuto nel tempo a tutte le influenze esterne. Proprio sui colli talvolta quasi completamente sassosi il vitigno si è perfettamente adattato ed esprime il massimo delle sue potenzialità; grazie alle basse produzioni ed alle raffinate tecniche di vinificazione si ottengono vini dalle piacevolissime caratteristiche aromatiche. La maturazione è medio-precoce e la vigoria è molto buona. Fondamentale per la qualità del prodotto è l’utilizzo di uve molto sane.

Ma perché si chiama Tuchì? Come detto il termine Tuchì deriva dal dialetto bresciano, ma le spiegazione del termine risalgono a diatribe scurite a monte con la denominazione ungherese Tockaji.

Fino a pochi anni fa il vitigno Friulano prendeva il nome storico e famoso di Tocai Friulano. Dal 2007 l’Unione Europea ha vietato l’utilizzo del nome “Tocai”, in quanto troppo simile a quello della denominazione di origine controllata ungherese del vino Tokaji e all’omonima zona di produzione. La somiglianza è relativa solo ed esclusivamente al nome in quanto il Tocai Friulano ed il Tokaji Ungherese sono completamente diversi come vini. Dalla vendemmia 2008, non è più consentito utilizzare il nome Tocai nelle etichette. Per evitare qualsiasi ambiguità o errore, nella zona friulana si parla di “Friulano”, in Veneto prende il nome di Tai e dal 2013, nella zona del San Martino della Battaglia viene riconosciuto il sinonimo Tuchì.

 Dal Tuchì si ottengono due tipologie:

  • Bianco secco: contraddistinto da una moderata acidità, che rende questo vino adatto ad aperitivi, antipasti, e pietanze leggere e dal gusto delicato, con le quali si esalta la finissima ed armoniosa aromaticità del Tocai. 
  • Liquoroso: vino fortificato di eccezionale pregio, che evoca i profumi del miele, della frutta secca, dei canditi. Da degustare a fine pasto in abbinamento con dolci secchi, formaggi erborinati o addirittura da solo come vino da meditazione

San Martino della Battaglia DOC – Azienda Patrizia Cadore

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La cantina Patrizia Cadore nasce a Pozzolengo, una terra di confine tra la Lombardia e il Veneto, a sud del Lago di Garda, in una zona rinomata per la produzione del Lugana. La cantina Patrizia Cadore si estende su 9 ettari di proprietà di cui 8,5 coltivati a vigna con la Turbiana che veste il ruolo di indiscusso protagonista, da cui si ottiene la nota tipologia della zona: il Lugana. Altre varietà del posto sono lo Chardonnay e il rarissimo Tuchì, utilizzato per la realizzazione del San Martino della Battaglia DOC, il Merlot e il Cabernet per i rossi. I terreni sono caratterizzati da una composizione di argille variegate e calcaree, con una presenza di sali minerali. Altro fondamentale fattore di qualità è il perfetto microclima rappresentato dalle brezze lacustri, provenienti dal vicino Lago di Garda, che svolgono una naturale funzione di volano termico, rinfrescando le giornate assolate e riscaldando le notti più fredde. 

La degustazione

San Martino della Battaglia DOC – Annata 2017, 13,5% vol.

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Colore: brillante, di tonalità giallo intenso con riflessi dorati.

Profumi: al naso è piacevole ed elegante. Si sentono spiccate note floreali, di fiore di camomilla e d’erbe aromatiche. Leggere, ma gradevoli sentori di miele e frutta secca, mandorla in particolare.

Gusto: armonico e vellutato. Lascia il palato secco e rotondo. Le note aromatiche e di frutta secca si percepiscono anche in bocca. L’acidità è moderata mentre è lunga ed elegante la persistenza.

Un bianco secco molto intrigante dove le fresche e dolci note floreali vengono esaltate sia all’olfatto che al gusto. Al retrolfatto, infatti, la coincidenza naso-bocca è notevole e assolutamente piacevole. La fine e armoniosa aromaticità del Tocai è espressa al massimo delle sue potenzialità.

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