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Il vino brettato

Ciao winelovers e appassionati di vino. Quest’oggi vi voglio raccontare un nuovo argomento tanto dibattuto nel mondo vino. Voi sapete cos’è un vino “Brettato”?

Seguitemi…

Che cos’è il Brett?

Il Brett, è considerato un difetto, ma secondo alcuni, in certi limiti, è ciò che fa il successo di alcuni vignaioli, come alcuni casi in Borgogna.

Secondo loro, il Brett fa bene al vino. Lo struttura, gli dona la complessità che potrebbe non avere. Ma la maggior parte delle persone non sa neanche cosa sia il Brett. 

Ma vediamo cos’è esattamente il ” Brett”? 

Il Brettanomyces, fa il paio con il noto Saccaromyces: sono entrambi dei lieviti, appartenenti a generi diversi. Il Brett è il lievito più controverso della scienza enologica, amato da certi, tollerato da altri, detestato dalla maggior parte. Il primo tipo, il Brettanomyces claussenii, venne isolato nel 1904 da Claussen nel Birrificio Carlsberg. 

Felicemente adagiato sulle bucce della frutta, compresa l’uva, trova posto nel legno delle cantine, divenendo, l’invisibile terrore della maggior parte dei produttori, pronti a combatterlo con anidride solforosa. 

Il Brett, a seconda delle sostanze che sviluppa, regala, odori molto diversi tra loro. è stata anche creata una “ruota aromatica” a lui dedicata, che mette in evidenza le variegate e differenti qualità sensoriali che possono esprimere gli 83 differenti ceppi di Brett studiati: odore da pollaio, cerotto disinfettante,  rancido, formaggio, bacon e chiodi di garofano, sudore di cavallo, cuoio ecc. 

L’uso volontario del Brett nella vinificazione: 

È difficile da gestire, poco apprezzato, anche se alcune cantine, come Château de Beau Castel, hanno legato, il loro nome con il suo uso.

Ad esempio: Mandy Donovan ha deciso di sperimentare per capire dove il Brett potesse portare. Nel 2017 iniziò le sue sperimentazioni sul Brett, inoculando nel suo Pinot Grigio, una varietà di lievito che aveva acquistato da un birrificio. 

Il prodotto finale, rimandava più ad una birra saison. Nacque così il Merisi Manic White.

Quando si sente “Brett”, solitamente, la sorte del vino è già segnata: finire nel lavandino. In realtà come abbiamo visto non è sempre così. Vero, che il vino che puzza non è invitante ed è sintomo, spesso, di una cattiva gestione della vinificazione, ma in alcuni vini rossi fatti in condizioni estreme o in vini da bere in là con gli anni, questa mutazione può rappresentare anche un fattore positivo. Un esempio, i rossi di Mister Donovan fatti con le uve del Tannat a Madiran, che non vedrebbero mai spuntare il frutto da sotto il tannino senza l’uso del Brett. 

Perché forse, un filo di Brett, aiuta il frutto ad emergere, a mostrarsi succoso anche dopo 10, 20, 30 anni in bottiglia.   

Brett sì, Brett no?

L’obiettivo sia chiaro, non è convincere nessuno che il Brettanomyces sia sempre cosa giusta. Non convince nemmeno me. 

Credo, però, che si debba studiare, provare, sperimentare prima di tacciare qualcosa. 

Dopo c’è chi Venchot Patrick, responsabile del settore ricerca e sviluppo di “Inter Rhone” (un’organizzazione che raccoglie tutti i produttori della Côtes du Rhône e della valle del Rhône) che tenta in tutti i modi di ,”ripulire” i vini “Brettati”. 

 Sentori di “Gomma Bruciata” e “Stalla”, addio. 

I Brettanomyces sono amplificati dalla riduzione di operazioni come la filtrazione, aggiunta di anidride solforosa e tutte le pratiche non effettuate per seguire le indicazioni Bio. Per correggere questo destino nei vini “Brettati” , “Inter Rhône” ha sviluppato nel 2006 un metodo di eliminazione da queste sostanze. È un processo basato sulla serializzazione di due tecniche di filtrazione: 1) di nanofiltrazione a membrana.  2) una colonna di carbone attivo. 

La tecnica di nanofiltrazione funziona solo con poche quantità di vino. La colonna di carbone attivo, invece, non è selettiva, più adatta per le grandi quantità, ma porta via la perdita di molecole importanti. Tecnica, però, non autorizzata in Europa. 

Dove stia la verità tra ciò che è buono e ciò che non funziona non è facile stabilirlo. Semplicemente chi beve dovrebbe tentare di avere una mente aperta al buono non convenzionale.

Adesso mi domando chissà quale sarà la vostra visione in merito. Aspetto commenti qui o sui social con #amantidivino

Ci ritroveremo presto per un nuovo appuntamento con altre news enologiche.

Brunella La Salvia.

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